In un momento particolare come questo in cui un’emergenza mondiale ha cambiato le nostre vite ci troviamo a rivalutare e a riflettere sulle piccole abitudini quotidiane: prendere un caffè al bar, andare a lavoro, sbirciare nuove collezioni dalle vetrine di passaggio, darsi un appuntamento con l’amica per fare shopping, ordinare un aperitivo dopo una lunga giornata di lavoro, andare a cena fuori, abbracciarsi prima di entrare al cinema.
In un momento come questo in cui la normalità diventa un sogno tutti ci troviamo a fare i conti con la realtà, cosí dannatamente devastante, cosí materialmente inopportuna.
Noi proviamo a reagire, a far andare avanti le nostre vite, ad esasperare, li dove fortunatamente è ancora possibile, quella dose di ottimismo che ci permette di affrontare con maggiore cognizione le nostre giornate.
Molti sono presenti attivamente e da protagonisti in questa sfida, molti ancora sono fermi ad aspettare un bollettino migliore, una notizia di speranza e alla fine tutti ci sentiamo un po' impotenti di fronte ad un'emergenza che farà di una storia la storia!
Per noi che lavoriamo tutti i giorni con la moda, con i trend, con l'immagine é ancor più difficile esprimere i nostri sentimenti consapevoli della rimodulazione delle priorità e dell'importanza dei valori.
Quando nel 2007 Kate Fletcher sulla base del principio del movimento ‘Slow Food’ coniò il concetto di ‘Slow Fashion’ per proporre un approccio alla produzione e alla distribuzione dell'abbigliamento slegato dal fenomeno del consumismo mai avremmo immaginato che lo stesso concetto adesso potrebbe essere utilizzato per definire in maniera violenta quello che il settore della moda sta vivendo in questo momento.
I marchi di alta moda nelle loro aziende non sperimentano più giochi di tessuto e vestiti tempestati di diamanti... nelle aziende per l’alta moda si producono mascherine e camici, le vetrine delle città sono le stesse di tre settimane fa, le sfilate continuano ad essere cancellate, il costo del cotone per la prima volta subisce una deflazione e la bellezza non si vende.
La lentezza con cui si diffonde il bello e la creatività sono tangibili.
Così non ci resta che considerare goliardicamente il pigiama come must have di questa primavera e non non fermarci, ma guardare oltre e contemplare quel fenomeno che in Cina chiamano Revenge Spending, un concetto che ben lascia intendere al nostro desiderio di rivendicare questi giorni trascorsi a casa a fare aperitivi in videochiamata, a valutare la ricetta della pizza perfetta, a non sapere se é più giusto cantare al balcone o aggiungere silenzio al silenzio.
E probabilmente è proprio in questa lentezza che dobbiamo riconoscere segni di felicità: proviamo ad emozionarci per l'attesa, proviamo a non darci per sconfitti, proviamo a subire il fascino del giorno in cui saremo testimoni di un ricordo, proviamo a migliorare le nostre scelte quando un giorno, presto, non avremo divieti... e poi proviamo ad amarci ancor di più per aver vissuto anche questo!